Attenzione. Scritto da un Nobel per l'economia.. [pag. 3]

Capitano di Fregata
ULTIMO1964
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- 21/24
roland ha scritto:
ULTIMO1964 ha scritto:
ma Ronald:..omissis.........

Please, mi chiamo Roland, Herman, c'ho er nome tedesco come te! Smile




Sorry ops scusa un po di confusione mentale ho neuroni cominciano a cioccare Sbellica
ULTIMO1964
Capitano di Vascello
yanez323
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- 22/24
In fatto d'economia i vari Nobel hanno sempre partorito teorie che, una volta attuate, hanno dato i risultati di cui stiamo pagando le conseguenze: new economy, liberismo senza controllo, finanza creativa, bolla tecnologica, derivati, teoria dell'indebitamento costruttivo( da noi è andata per la maggiore) ecc.
E' dalla fine degli anni 80 che stiamo su un'altalena con oscillazioni sempre più pericolose e con una velocità delle transazioni ormai fuori controllo da parte degli organismi preposti.
Forse i vegliardi di questo forum ricorderanno che, già nella seconda metà degli anni 80, era venuta fuori la teoria del capitalismo diffuso con gente che giocava, nel vero senso della parola, in borsa. Casalinghe di Voghera, impiegati del catasto di Viterbo, portuali di Taranto o maestri di tennis di Casamicciola puntavano in borsa investendoci i risparmi e poi chiedendo prestiti, cessioni del quinto e anticipi di liquidazione. Nel lungo termine pochissimi ci hanno guadagnato qualcosa ed una moltitudine c'ha lasciato le penne.
Anche nel momdo imprenditoriale le cose non sono andate meglio : illustri nomi della grande industria hanno diversificato nel mondo della finanza investendo somme enormi a detrimento degli investimenti sui prodotti, scegliendo la via più facile del risparmio sulla manodopera con la delocalizzazione all'estero, assenza di ricerca ed innovazione. Un esempio per tutti la FIAT che aveva investito in turismo, assicurazioni ed editoria relegando ai margini quello che in termine terra terra si chiama attività principale, o più elegantemente "core business". Ne sono usciti tutti con le ossa rotte, mentre marchi tipo VW hanno continuato a progredire nel settore ed acquisendo quote di mercato, diventate oggi, per gli altri, una chimera.
Finita la parentesi dell'alta finanza diffusa, c'è stato il periodo del credito spinto per il consumo.Fino a quattro anni fa c'erano ovunque finanziarie disposte ad offerte mirabolanti di denaro, con una pubblicità martellante, per convincerti che tutto era possibile. Molti ci hanno creduto e quando non cel'hanno più fatta a pagare le rate, un'altra finanziaria li ha aiutati, ad interessi più alti, ma dilazionati nel tempo.
Adesso ad ogni angolo di strada ci sono, invece, delle imprese di "acquisto oro".Pagato in contanti ed alienato immediatamente. Nella periferia di Mestre ne ho viste tre, lungo 150 metri dello stesso marciapiede. E tutto quest'oro dove va a finire? E quanta gente allo stremo si sta vendendo quel poco di prezioso che ha per poter pagare una bolletta?
Il resto è storia d'oggi, ma tutto ha origine da varie teorie economiche propagandate dalla fine della Grande depressione del 29 ad oggi.
Per quello che riguarda la Grecia, non capisco perchè alle votazioni di giugno non aggiungono una scheda referendaria sulla volontà di permanere nell'euro o meno.
A quel punto anche i restanti Paesi potrebbero trovare una via d'uscita il meno traumatica possibile per tutti.
Se la Grecia tornasse alla Dracma sarebbe più una sconfitta politica dell'Euro che non una sconfitta reale, visto che dal punto di vista produttivo la sua rilevanza è marginale e con una svalutazione anche del 70% della nuova Dracma i problemi sarebbero soprattutto di natura sociale ed interna per una popolazione che è poco più di 1/6 di quella italiana, circa 11.000-000 di abitanti. Questi ultimi fattori di instabilità interna non sarebbero poi da sottovalutare sotto il profilo dell'industria del turismo....
Pure il Portogallo, con 10.000.000 d'abitanti ed una fiorente industria di esportazione di sardine sott'olio, non sarebbe una perdita tragica per l'Euro, sempre dal punto di vista politico, e pure qui un ritorno all'Escudo creerebbe grossi problemi soprattutto interni.
Non mi sembra che questi Paesi abbiano le stesse potenzialità economiche dell'Argentina, con risorse petrolifere e di gas proprie, e una popolazione di circa 40.000.000 di abitanti sparsi su una superficie nove volte quella italiana, lo scudo di solidarietà dei Paesi latino americani e la acquiescenza statunitense per questioni di influenza locale. Non ci scordiamo che, all'inizio degli anni 70 l'Argentina, pagò parzialmente una fornitura di aerei da trasporto con forniture di carne bovina ed oggi sta inondando il mondo di soia...E comunque a parte le sparate sulle Falkland, o Malvinas, non è che tutti se la passino benissimo dopo dieci anni dal default.
Veniamo a noi. Comunque sia siamo un Paese industrializzato, con 60.000-000 di abitanti (il triplo di Grecia e Portogallo messi assieme) e la nostra è un'industria di trasformazione, ossia compriamo materie prime e le trasformiamo in prodotto finito. Da questo punto di vista non siamo assolutamente autosufficienti. Ora se tornassimo alla Lira, svalutata "solo" del 50% pagheremmo un barile di Brent poco meno di 200.000 lire e così via per tutte le altre materie prime, per non parlare di prodotti finiti.
A questo punto, perse una gran quantità di produzioni per avvenute delocalizzioni, ed anche con un costo della manodopera a livello rumeno, quanto sarebbe ancora concorrenziale per l'estero il prodotto che ancora riusciamo a fare? E, soprattutto, come si potrebbe governare il disagio sociale (termine eufemistico ) che si creerebbe? E nel frattempo Francia e Germania a chi venderebbero i loro prodotti?
Secondo me l'attuale crisi dell'Euro è pilotata per mantenere il dollaro come moneta di riferimento per gli scambi e far passare ai grandi sostenitori del debito statunitense (Cina Emirati Arabi) qualsiasi voglia di diversificare gli investimenti. Non a caso qualche anno fa, nei momenti di maggior solidità dell'Euro, molti produttori di petrolio, davanti ad una crescente crisi del Dollaro, avevano ipotizzato l'utilizzo dell'Euro come valuta di riferimento e di conseguenza il riferimento si sarebbe allargato a macchia d'olio facendo venire meno la forza della valuta e quindi del potere economico finanziario americano verso i Paesi in via di sviluppo. E non è nemmeno un caso che l'Inghilterra continui a stare nella UE, con ampio potere decisionale, ma senza entrare nell'Euro, come longa manus degli USA, a cui è legata a doppio filo.
E' forse possibile che, una volta ristabilite le "gerarchie" valutarie e di supremazia economico finanziaria, tutto rientri in una situazione di normalità, in attesa di qualche nuova miracolistica teoria economica.
Ammiraglio di squadra
Yatar1963
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- 23/24
roland ha scritto:
chiariamo una cosa, io non volevo creare "allarmismi". Volevo informare su una pubblica dichiarazione di un Nobel per l'Economia...

E hai fatto bene!, anche se affidarsi di quel che dice il NYT o va ripetendo il Telegraph inglese è come chiedere a Satana che ne pensa di Gesù

Ho già scritto da qualche parte che in caso di "fallimento" greco (il ritorno alla dracma sarebbe il sugello) ciò determinerà un esportazione di debito
In pratica, visto che l'euro è una cambiale in mano al direttore di banca, ciò che non pagano i "soci" Greci lo pagheranno gli altri "soci": una altra "crisi subprime" (detta alla buona, per capirci) ma questa volta nata in casa
Temo che il primo a fallire sia quello che fa l'affare, a meno che il primo ad andarsene non sia la Germania

Bisogna vedere se il governo Greco saprà gestire il rientro alla dracma compesando l'inflazione con una buona gestione della svalutazione e dei salari, ma se lo saprà fare, in europa arriveranno mucchio di dracme, nuove nuove e stampate su ordinazione, con cui pagheranno il loro debitoche saremo costretti a spendere in yogurth e vacanze.....

Dopodichè mille altri problemi ignoti oggi a noi che non siamo premi nobel, sorgeranno e li capiremo al momento
Problemi che coinvolgeranno il capitale (quello vero) e con esso le banche e che non si arrenderanno tanto facilmente

Resta il fatto che anche senza essere premi nobel si può capire il ragionamento della massaia: chi può vivere in marchi, non vuole dracme o lire.
Quindi è inevitabile che chi può raccolga le sue banconote in euro e le porti all'estero o le nasconda in un cassetto (mai uscisse qualche leggina strana... o ti dessero 200 svalutatissimi milioni di lire a copertura dell'assicurazione sulla banca saltata).
E se le banche un domani accettassero solo operazioni elettroniche nella nuova valuta, un cane che mi da un tozzo di pane e due cipolle per un euro lo trovo sempre.

Non concordo in toto (ma non siamo economisti), ma Yanez centra una delle questioni principali: il dollaro insostenibile, ma forte giacchè imposto "manu militari"come valuta di riferimento.
Forza comunque relativa: se avrete notato e seguito, più cala l'Euro, più calano oro e petrolio, ma per noi costano uguale al cambio.
In pratica è l'americano che possiede oro o vende petrolio che ci sta rimettendo, non l'europeo.


Mentre un economista alla TV italiana spiegava che "non esistono crisi: esistono soldi che passano dalle tasche dei tanti a quelle di pochi", stavo scrivendo ad un amico, piccolo imprenditore greco: "dove sei?" Risposta "Ho fatto un salto a..... Cipro!!!"
Mica in Svizzera, la volpe....

Resta l'illusione che forse (ma.... fooooorse) prima capiranno che costa meno trasformare l'euro da cambiale in moneta
Ci vediamo quando ci vediamo..
Cit. Danny Ocean
Sailornet