Furto di identità [pag. 2]

Ammiraglio di squadra I.S.
fran (autore)
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- 11/23
Ovviamente non so chi e come ha spedito quella lettera al quotidiano.

Forse potrei amichevolmente contattare il quotidiano e chiedere spiegazioni? Un buco nell'acqua?


Ovviamente ho gia fatto mettere a verbale in una riunione del Collegio dei Docenti che sono estraneo a quella lettera: il Preside ha accettato di verbalizzare la mia dichiarazione. Spero di essermi cautelato abbastanza, oppure devo fare anche una denuncia contro ignoti alla Polizia? (Spero di no Sad )


Ahhh, dimenticavo, i fatti riportati nella lettera non coinvolgono la mia persona, di me hanno solo usato la firma.
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Ammiraglio di squadra I.S.
bobo
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- 12/23
per me sei già a posto così,
il verbale ha data certa?
in ogni caso farei una lettera di disconoscimento al direttore, a mezzo racc. a/r
se poi la pubblica bene, altrimenti la metti tu ai tuoi atti.
Ammiraglio di squadra I.S.
fran (autore)
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- 13/23
Si, mia moglie ha fatto la dichiarazione nella riunione odierna del Collegio Docenti. Adesso bisognerà vedere cosa hanno verbalizzato esattamente.
La lettera è stata pubblicata sul quotidiano venerdì scorso.







PS: "Tua moglie???". Si, in effetti non sono io ad essere coinvolto ma mia moglie e la scuola dove insegna. Ho usato la prima persona per semplicità. Ho forse rubato un'identità? Embarassed
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Ammiraglio di squadra
Yatar1963
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- 14/23
fran ha scritto:

Ahhh, dimenticavo, i fatti riportati nella lettera non coinvolgono la mia persona, di me hanno solo usato la firma.

Allora in primis scrivi al giornale segnalando questa cosa e pregandoli di pubblicarla
Ci vediamo quando ci vediamo..
Cit. Danny Ocean
Capitano di Vascello
yanez323
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- 15/23
Se, come immagino, il quotidiano è di Roma, una delle cose da fare potrebbe essere quella di :
A) contattare di persona il redattore, che si occupa della rubrica "la posta dei lettori" al fine di mostrargli, documenti alla mano, la propria identità spiegando che le "circostanze" enunciate nella lettera di fatto portano ad individuarti nell'ambito lavorativo, senza ombra di dubbio e che l'autore non sei tu.Questo anche al fine che non ti si possa opporre un caso di omonimia, con cui potresti essere liquidato;
B)Richiedere poi di visionare la lettera, per capire se si tratta di una mail, o se si tratti di una lettera normale. In quest'ultimo caso non c'è niente da fare, mentre nel primo, se ti danno l'orario di arrivo e la casella mail puoi, se decidessi di sporgere querela contro ignoti, chiedere che si risalga al terminale da cui è partita la mail e dal li probabilmente all'autore. E' un po' complicato ma ci si riesce.La denuncia/ querela, in questo caso, la puoi presentare direttamente ad una sezione della Polizia Postale e delle Telecomunicazioni o a qualsiasi commissariato della Polizia di Stato o Stazione dei Carabinieri, sarà poi compito loro rigirarla al settore tecnico di competenza.;
C) Consegnare, al redattore con richiesta di pubblicazione, una lettera una lettera di rettifica in cui dici che dai fatti descritti saresti compiutamente individuabile in un determinato ambito lavorativo e che l'autore di quella missiva non sei tu e che da questa vicenda ne stai riportando un danno;
D) Se ci vai già con una querela a carico di ignoti in mano è più probabile che ti diano ascolto.......
E) Se non ti si filano proprio gli mandi una Raccomandata A.R. con cui riassumi le stesse cose, citando la persona con cui hai parlato, la data e l'ora, allegando copia dell'eventuale denuncia/querela e ventilando l'idea di chiedere un risarcimento anche a loro per il danno patito se non dovesse essere dato un minimo di spazio allo tue ragioni. In genere lo fanno per tacitare il tutto, con un trafiletto minimo, ma quello che a te interessa è il ritaglio, che conserverai gelosamente.
F) Vedi se è il caso di armare tutto il can can sopra descritto, perchè "....smentire una notizia significa solo darla più volte" (Giulio Andreotti)
Ammiraglio di squadra I.S.
bobo
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- 16/23
col punto E si sfiora l'estorsione... (pensatela come vi pare, i giudici la pensano così)
tanto è vero che si suole dire: "le denunzie e le querele le si fanno, non le si minacciano"
Capitano di Fregata
lordzenzen
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- 17/23
una raccomandata alla redazione chiedendo di pubblicare una tua smentita o che chiarisca che la firma non è la tua, magari preceduta da una telefonata al caporedattore no?
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Ammiraglio di squadra I.S.
bobo
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- 18/23
Thumb Up
Capitano di Vascello
yanez323
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- 19/23
bobo ha scritto:
col punto E si sfiora l'estorsione... (pensatela come vi pare, i giudici la pensano così)
tanto è vero che si suole dire: "le denunzie e le querele le si fanno, non le si minacciano"

Non vorrei apparire polemico o pedante, ma nel comportamento di cui al punto E al massimo si sfiorerebbe la minaccia art 612 CP e non l'estorsione art 629, di cui peraltro la minaccia è parte degli elementi costituenti la condotta.
Precisato questo, per concretare il reato di cui all'art 612 occorrerebbe che venga "minacciato un ingiusto danno" e siccome si presuppone che, per una richiesta di risarcimento del danno, vengano adite le vie legali non sussiste, in re ipsa , l'elemento di ingiustizia, "o di ingiusto male" secondo la vecchia formulazione, visto che la parte chiamata in causa ne risponderebbe davanti ad un giudice, con possibilità di rivalsa in caso di assoluzione.
Ai punti B D ed E si parla specificamente di denuncia/ querela ,proprio per coprire ogni ipotesi di condizione di procedibilità, e dove sporgerla, se si rendessero necessari degli accertamenti tecnici.
Ed in ultimo, non è un caso che sia stato aggiunto il punto F.
Colgo l'occasione per aggiungere il testo dei due articoli tratti da R.D n°1398 del 19/10/1930 ( by Alfredo ROCCO) corredati di dottrina e richiami giurisprudenziali:
[size=12]La norma sanzionatoria di cui all’art. 612 c.p. e rubricata “minaccia” punisce con la multa fino a euro 51, a querela della persona offesa,“chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno”. Tuttavia, il secondo comma del sopraccitato articolo afferma che“se la minaccia è grave1, o è fatta in uno dei modi2 indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d’ufficio”.

In via preliminare si può affermare che il reato di minaccia è un delitto contro la libertà individuale delle persone e, più in dettaglio, contro il particolare aspetto della loro libertà psichica. Inoltre, tale reato si concreta nel prospettare a taluno un male futuro, il cui avverarsi dipende dalla volontà dell’agente.

Il reato di minaccia ha natura di pericolo e, spesso, diviene e rappresenta il presupposto o l’antefatto di più gravi reati contro la persona come l’omicidio, le lesioni personali, il reato di rissa. Molte volte, le percezioni dirette od indirette di alcuni gesti come“offensive” della propria libertà psichica e morale possono scatenare in alcune persone riflessi e reazioni negative, impulsi incontrollabili ed è proprio questo un dato di fatto che non si può negare in alcun modo.

La lettura dell’art. 612, comma 1°, permette, facilmente, di qualificare il reato di minaccia come un reato comune3 e suscettibile di essere realizzato da“chiunque”. Aggiungo che ogni minaccia deve essere valutata attraverso un criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto.

Invece, la gravità della minaccia, che rileva ai sensi dell’articolo 612 c.p, vaaccertata con riferimento all’entità del turbamento psichico causato al soggetto passivo dall’atto intimidatorio. Tale turbamento si ricava e si desume dall’entità del male minacciato, come anche dal complesso delle circostanze in cui la minaccia si realizza e dalle particolari condizioni in cui si trovano l’autore del reato e la persona offesa.

Inoltre, l’articolo 612 codice penale che incrimina la minaccia delinea un reato di pericolo, per la cui integrazione non si richiede che il bene tutelato sia leso con l’incussione di timore della vittima. L’elemento psicologico di tale fattispecie incriminatrice è il dolo generico, inteso come la rappresentazione della coscienza e della volontà di minacciare la volontà di taluno. Il dolo è diretto a provocare la intimidazione del soggetto passivo, senza che sia necessario che in tale volontà sia incluso il proposito di realizzare il male minacciato. Inoltre, a mio avviso, aggiungo che in tale fattispecie incriminatrice il tentativo non è configurabile.

Quindi, il momento consumativodi tale reato coincide con la coartazione dell’altrui volontà ossia il mezzo utilizzato deve essere idoneo ad intimorire una persona. In sintesi, il reato si perfeziona quando la libertà psichica e morale di una persona diminuisce per l’effetto di minacce. Si tratta di un reato senza evento ed a forma libera in quanto la minaccia può essere realizzata nelle forme più diverse e attraverso i mezzi più vari ossia con parole, con scritti, disegni, gesti, con atti ed in modo espresso o tacito (con gli sms, mms, emails di posta elettronica, internet).

Il bene giuridico tutelato nel delitto de quo è la libera determinazione di un soggetto e, quindi, la piena esplicazione della sua libertà morale. Più in dettaglio, la tutela penale nel delitto di minaccia tende a garantire la libertà psichica dell’individuo nella sua volontaria esplicazione.

Inoltre, si deve precisare che nel delitto di minaccia il soggetto passivo può essere soltanto una persona individuata, ben determinata o determinabile.

Tuttavia, di recente si deve sottolineare che la Suprema Corte, in tema di minaccia, ha precisato quanto segue: “Non integra il delitto di minaccia la condotta di colui che mostri un’arma, non già al fine di restringere la libertà psichica del minacciato, bensì al fine di prevenire un’azione illecita, rappresentandogli tempestivamente la legittima reazione che il suo comportamento determinerebbe. Cassazione penale,sezioneV, sentenza 27 febbraio 2007, n. 8131

Si deve affermare, altresì, che per integrare il reato de quo è necessario che il danno minacciato sia realizzabile e verosimile, viceversa la minaccia sarebbe piva di una seppur minima potenzialità d’intimidazione. Più in dettaglio, ritengo che non sia sufficiente ad integrare la fattispecie la minaccia di un danno indeterminato o generico4.

Infine, si deve sottolineare che per configurare il reato di minaccia non occorre che le espressioni intimidatorie siano pronunciate in presenza della persona offesa poiché è solo necessario che questa ne sia venuta a conoscenza, anche indirettamente tramite altre persone, a condizione che ciò avvenga in un contesto per il quale si ritenga che l’agente abbia voluto la reale e concreta volontà di produrre l’effetto intimidatorio. Per completezza espositiva, restano ancora da analizzare gli aspetti procedurali del reato de quo. L’autorità giudiziaria competente è il Giudice di Pace (art. 4, lett. a, DecretoLegislativo n. 274/2000) nel primo comma dell’art. 612 c.p. mentre, invece, è il Tribunale in composizione monocratica (art. 33-ter c.p.p.) nell’ipotesi di cui al secondo ed ultimo comma del sopraccitato articolo. Si tratta di un reato procedibile a querela di parte (art. 336 c.p.p.) nell’ipotesi di cui al primo comma ed, invece, procedibile d’ufficio nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 612 c.p. Inoltre, l’arresto (art. 380 – 381 c.p.p.) ed il fermo di indiziato di delitto non sono consentiti (art. 384 c.p.p.); le misure cautelari personali interdittive (art. 287 c.p.p.) e coercitive (art. 280 c.p.p.) non possono essere consentite e, quindi, restano inapplicabili.

In riferimento ai rapporti con altri reati si deve affermare che il delitto di minaccia differisce da quello di violenza privata (art. 610 c.p.) non per la materialità del fatto, che può anche essere identica in ambedue le fattispecie, quanto piuttosto per l’elemento intenzionale. Infatti, la violenza privata presenta un cd.“quid pluris” nel senso che la minaccia (o la violenza fisica) funge da mezzo a fine ed occorre che essa sia diretta a costringere taluno a fare, tollerare ed omettere qualcosa. Più in dettaglio, il delitto di violenza privata ha un evento non di pericolo ma di danno, che è rappresentato dal comportamento coartato del soggetto passivo, dipendente dall’atto di intimidazione (o di violenza) ricevuto, subito.

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delitto di estorsione è stato inserito dal legislatore del 1930 1 nel libro II , titolo XIII, capo I del codice penale che disciplina i delitti contro il patrimonio commessi mediante violenza alle cose o alle persone. Il patrimonio da un punto di vista giuridico può essere definito come il complesso dei rapporti giuridici, dei beni e dei diritti che fanno capo ad una determinata persona 2 e che abbiano o contenuto patrimoniale (valore di scambio, poiché suscettibili di valutazione economica) o un valore d'uso (almeno affettivo, si pensi ad una lettera, una cartolina oppure ad una fotografia).

Pertanto, in relazione all'articolo 629 c.p. si punisce la condotta di “chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”. Per l'estorsione semplice la pena è quella della reclusione da 5 a 10 anni e della multa da euro 516 a eur 2.065. Invece, per l'estorsione aggravata è prevista la reclusione da 6 a 20 anni e la multa da euro 1.032 ad euro 3.098.

Il bene giuridico tutelato dalla sopraccitata norma è duplice; infatti, da un lato si protegge l'inviolabilità del patrimonio e dall'altra la libertà di determinazione individuale contro fatti di coercizione, posti in essere per costringere altri a fare od omettere qualche cosa al fine di procurare al soggetto agente oppure ad altre persone un ingiusto profitto con altrui danno. Il presupposto del reato di estorsione è la coartazione della vittima attraverso l'impiego di violenza o minaccia che, tuttavia, non deve annullare del tutto la libertà di autodeterminazione del o dei soggetti passivi del reato.

Trattasi di un reato plurioffensivo che lede sia il patrimonio che la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo del reato. Inoltre, il tentativo è pienamente ammissibile 3 non solo quando l'azione criminosa e antigiuridica sia rimasta interrotta 4 per cause che prescindono dalla volontà dell'agente (cd. tentativo incompiuto), ma anche quando se, esaurita l'azione, il danno non si sia verificato (cd. tentativo compiuto).

L'elemento psicologico riferibile al reato di estorsione è il dolo generico , poiché il procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno non rappresenta soltanto lo scopo in vista del quale il colpevole si determina al comportamento criminoso, ma un elemento della fattispecie oggettiva. (Cassazione Penale, sezione II, sentenza 17 marzo 2004 – 21 aprile 2004, n. 18380).

In estrema sintesi, il reato di estorsione è caratterizzato, quanto all'elemento soggettivo, dalla piena consapevolezza di usare la violenza fisica o morale, per potere procurare ad altri oppure a sé un profitto ingiusto 5. Pertanto, il dolo ovvero la coincidenza tra il voluto ed il realizzato deve estendersi ed abbracciare anche l'ingiustizia del profitto che rappresenta uno degli elementi materiali del reato.

È un reato comune e, quindi, il soggetto attivo del reato può essere chiunque ed a forma vincolata, poiché la condotta tipica è prestabilita dal legislatore. Tuttavia, nell'ipotesi in cui la condotta prevista da questa fattispecie incriminatrice sia posta in essere da un pubblico ufficiale, avremo il diverso reato di concussione, disciplinato dall'art. 317 c.p.

Nella fattispecie incriminatrice in oggetto è richiesto un doppio evento finale per stabilirne l'esatto momento consumativo. Pertanto, solo con la realizzazione dell'ingiusto profitto per l'agente o per un terzo e del danno patrimoniale per la vittima, il reato di estorsione sarà consumato. Ove i due eventi non siano simultanei il reato di estorsione sarà consumato alla realizzazione dell'ultimo dei due eventi.

Le modalità mediante le quali si manifesta la condotta estorsiva sono la violenza (che però, poiché è volta ad ottenere dalla vittima il comportamento imposto, non annulla in modo completo la libertà di autodeterminazione) e la minaccia 6, la cui forma e il cui modo, per consolidata giurisprudenza, deve essere idonea in relazione alla personalità dell'agente, alle circostanze concrete ed alle condizioni ambientali a coartare la volontà della vittima.

Altra importante peculiarità del reato in oggetto è che la giurisprudenza di legittimità, nella sentenza della Cassazione Penale, sezione II, 25 gennaio 2002 – 14 marzo 2002, n. 10778 ha affermato che: “sussiste il concorso 7 di persone 8 nel reato di estorsione anche quando il contributo del correo sia limitato alla fase iniziale dell'attività delittuosa dovendosi escludere la configurabilità del delitto di favoreggiamento personale, la cui condotta agevolatrice costituisce un posterius rispetto alla commissione del reato”.

In riferimento ai rapporti con altri reati 9 mentre nella rapina (art. 628 c.p.) nessun contributo essenziale al verificarsi dell'evento è prestato dalla vittima, nell'estorsione (art. 629 c.p.) è presente l'autonoma, seppur coatta, collaborazione della vittima. Nella estorsione, a differenza che nella rapina, la violenza può estrinsecarsi anche contro cose e non solo contro persone. Inoltre, mentre la rapina ha per oggetto soltanto cose mobili, l'estorsione può avere per oggetto materiale anche immobili o diritti di qualsiasi specie della vittima.

Inoltre, il criterio distintivo tra il reato di estorsione e quello di truffa, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della vittima. Ricorre il reato di truffa (art. 640 c.p.) se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata. Pertanto, quest'ultima si determina alla prestazione, costituente l'ingiusto profitto dell'agente, perché tratta in errore dall'esposizione di pericolo inesistente. Invece, si configura il reato di estorsione se il male viene indicato come certo ad opera del reo e di altre persone. È proprio in tale ultima ipotesi che la persona offesa è posta nella scelta di far conseguire al soggetto agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.

Questo è un mio modesto contributo a quanto riportato nel topic
https://www.gommonauti.it/ptopic37753_perch_c_tensione_nel_forum.html?sp_pid=510028#510028
Ammiraglio di squadra I.S.
bobo
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- 20/23
non sei nè polemico nè pedante, sei mal informato, non preparato sul tema,
insomma, lascia perdere....
e poi, scusa, che c'entra quel topic linkato in fondo?
Sailornet