La nostra passione

Contrammiraglio
dolce*11 (autore)
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Non siamo noi a scegliere le nostre passioni,sono loro che scelgono noi.
Quella mattina c’era tensione nell’aria,la sera prima mio padre era andato a letto arrabbiatissimo,e ora era di pessimo umore e io non capivo il perché.-Abbiamo perso il mondiale – mi spiegò mia madre,- e papà non l’ha presa bene-.
Era successo che un signore che si chiamava Edson Arantes do Nascimento ,detto Pelè e i suoi compagni ci avevano fatti neri in Messico.
Trovai mio padre davanti lo specchio del bagno intento nella sua rasatura,mi avvicinai e gli dissi – mi dispiace che abbiamo perso papà – mi ricordo ancora oggi il suo sorriso attraverso la schiuma da barba.Poi tornando allo specchio disse – preparati che andiamo -.
Dopo pochi minuti attraversavamo il quartiere pedalando verso la terribile SS 245,la strada statale “Castellana “ a me vietatissima,dove,nell’ora di punta poteva passare anche un veicolo ogni minuto (allora).
Fermi a bordo strada ci passo davanti rombando un camion pieno di ghiaia e ripensando al terrorismo psicologico fatto da mia madre,su quella strada,mi chiesi che fine avrei fatto sotto a quelle ruote.
Rabbrividii.
Attraversammo.
Ci trovammo,così,davanti al bar,le persone,dentro e fuori il locale parlavano,naturalmente,dei fatti del giorno prima.
Mentre entravamo,gli amici di mio padre mi salutarono come si usava allora: uno scappellotto sulla nuca al grido di – ciao bocia – probabile motivo dei miei cervicali di oggi.
Ci avvicinammo al bancone e prendemmo “il solito”: mio padre le sue maledette malboro,liquirizie e un caffè,io la mia aranciata.
Mi arrampicai su di uno sgabello per guardare i giocatori di biliardo,ma dopo poco uscii.
Dietro al bar,che faceva parte di un condominio,c’era un grande cortile dove i ragazzi giocavano a palla,ma quella mattina non c’era nessuno.
Effetto Messico,pensai.
E fu allora che notai,in fondo al cortile, uno stretto passaggio che portava a una specie di terrapieno,con una bassa muretta,una rete e nella rete,un buco.Senza pensarci,salii il dislivello e mi infilai nel buco.
E vidi.
Vidi il fiume.
Oddio,chiamarlo fiume è esagerato,diciamo,canale.
L’acqua era limpida,e nei punti meno profondi si potevano vedere le alghe che ondeggiavano nella corrente e branchi di pesci che nuotavano assieme.
Sotto ,vicino alla riva,c’erano due ragazzi che pescavano e sembravano divertirsi un mondo.
Ero come incantato.
Poi,la voce di mio padre che mi chiamava mi fece scappare via di corsa,guai se mi avesse trovato sull’argine.
Ci volle quasi un anno prima che trovassi il coraggio di tornarci da solo,ma ormai la mia sorte era segnata,la mia passione mi aveva scelto.
Prima con una canna di bambù,e un “mulinello “fatto da me con una bobina di filo da pesca,poi con la prima canna seria che mi feci regalare alla prima occasione.
Da allora la pesca è sempre stata la mia passione più grande.
E la vostra com’è nata?
Sembra di sentirlo ancora
dire al mercante di liquore
"Tu che lo vendi cosa ti compri di migliore?"

F.De Andrè.
Ammiraglio di divisione
red1
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E si di passioni in vita mia ne ho avute tante, lo judo, la lotta, la fotografia, il cb, l'alta fedeltà, l'elettronica, il fai da te e ho sempre cercato di non abbandonarne nessuna cercando sempre di coltivare più interessi. Ma la passione per il mare è stata ed è la più grande.
Nei primi anni '70 la mia famiglia prese in affitto una casetta di villeggiatura all'interno di un baglio di pescatori. A me bambino di 5 anni, tenuto rigorosamente a casa, fino a quel momento, da una nonna molto protettiva alla quale ero affidato visto che i miei lavoravano entrambi, si dischiuse un mondo fantastico.
Per i 12 anni in cui rimanemmo a villeggiare li godetti di una libertà assoluta e con qualche incoscienza da ragazzi ho imparato a conoscere il mare e soprattutto la gente di mare, pescatori da generazioni, con mille racconti, mille avventure e disavventure da raccontare.
Ricordo le mie giornate spese tra pesca-sub a polipi, soltanto con un coltello da cucina e la maschera, le pinne? ma chi le aveva.
Gare di apnea in porto aggrappati ad un ancora sul fondo, senza maschera con gli amici su che contavano per segnare il tempo, il cronometro era un'utopia.
Costruzione e varo di zattere da usare per la pesca dei ricci. Quando ancora ce ne erano tanti in pochi minuti ne riempivi una cassa.
Scendere a 8 metri senza maschera e senza pinne. Poveri genitori ignari, ma quanto ci divertivamo.
Per la mia amicizia, anzi per la mia fratellanza con i figli dei pescatori, venivo senza tanti problemi imbarcato sulle barche della piccola pesca che andavano prevalentemente a gettare le reti o le nasse.
Ma il ricordo più vivo è quello della pesca con il cianciolo. Che spettacolo meraviglioso vedere mille chili di Ricciole nuotare dentro la rete, sotto la luce delle lampare e ancora vedere grandi quantità di calamari e occhiate ristrette nel sacco formato dalla rete che inesorabilmente si stringeva intorno a loro.
Ma quante disavventure, come quando la rete si era impigliata sul fondo e il peschereccio si piegava sul fianco vistosamente a causa del verricello meccanico che tirava, con il motore diesel sotto sforzo, e il fondo del mare che proprio non voleva cedere. Ebbene quando finalmente cedette, la barca si raddrizzo repentinamente e il sottoscritto fu catapultato dentro la rete con svariate centinaia di chili di pesce, che dimenandosi si ferivano e rappresentavano un richiamo formidabile per i predatori. Ricordo che uscii dall'acqua alla velocità della luce.
Oppure quando fummo sorpresi al largo, con la rete in acqua da una sciroccata violentissima. Mi ricordo ancora il cambio del tono della voce, chiaramente preoccupato, del Capo barca, un pescatore, figlio e nipote di pescatori, che non esitò a dire ributtiamo la rete a mare e andiamo.
Ragazzi, il ritorno in porto me lo ricordo ancora, notte fonda, le luci della costa che non si vedevano più, la quantità di sale negli occhi e le secchiate d'acqua in faccia che si asciugavano rapidamente, per via dello scirocco, facendo bruciare la pelle.

Con il senno di poi posso dire che questi episodi mi hanno insegnato ad amare il mare ma soprattutto a rispettarlo e perché no, anche un pò a temerlo.
Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo sanno ascoltare.
Giovanni Verga, I Malavoglia
Capitano di Vascello
SparusAurata
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Prima di tutto ci vuole un bel Applause

La mia passione è nata quando, adolescente, ho iniziato a frequentare il così detto "braccio", ovvero la muraglia del porto di levante.

Lì vedevo entrare e uscire barche, navi e gommoni. Vedevo gente adulta pescare sul molo e l'emozione che avevano quando salivano un pesce.

Quell'emozione mi ha catturato. Da lì prima anni di pesca sul braccio e poi, dal gommone con gli amici.

Dalla pesca ho allargato la mia passione alla nautica, al carteggio e lo studio delle carte nautiche della mia zona.

Che dire, una bella passione.

Ciao
Chi ama il mare sarà sempre libero!

Fatti un regalo!
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